
L’edizione nel 1595 della Commedia, che fu approntata in meno di cinque anni e precede la pubblicazione del Vocabolario, costituisce il primo importante lavoro degli Accademici, che avviarono così l’esame filologico dell’opera dantesca. L’idea dell’edizione era nata in contemporanea e in stretta connessione con l’impresa maggiore: l’obiettivo era di potersi «acconciamente servire», per i loro spogli per il Vocabolario, di un testo affidabile della Commedia. Era infatti necessario, come scriverà Bastiano de’ Rossi (l’Inferigno) nella premessa all’edizione cruscante del 1595, «sanare» il testo dantesco dalle «sue piaghe», cioè da tutte quelle inesattezze prodotte nel tempo «da’ copiatori, e dalle stampe, ed eziandio da’ comentatori», perché, sottolineava infine, «della nostra favella […] questo divin poema è la miglior parte, la prima è stata, e la principale».
Come conseguenza della decisione di rivedere il testo della Commedia, nel febbraio 1592 il nuovo arciconsolo Pier Francesco Marinozzi (il Riscaldato) fece trasferire in Accademia trentadue manoscritti dell’opera di Dante dalla casa del suo predecessore Piero Segni (l’Agghiacciato), dove erano depositati. Il primato di Dante tra i Citati del Vocabolario documenta l’indipendenza degli Accademici dal canone bembiano che censurava la realistica lingua del poeta fiorentino, anteponendole quella di Petrarca e di Boccaccio. Con questa edizione prendeva avvio una delle attività più importanti – e collaterali alla preparazione del Vocabolario –, che ha caratterizzato, e che caratterizza ancora oggi, l’Accademia della Crusca: l’attività filologica.